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BECCARIA, DE CORATO: ANCORA RIVOLTA NELL'ISTITUTO DI PENA. AGENTE PRESO A MORSI, DEVASTATI BENI

Ieri al carcere minorile “Beccaria” di Milano ennesima rivolta dei detenuti. Nel corso della serata i detenuti hanno creato gravissimi disordini, devastando i beni dell’Amministrazione ed un agente è stato addirittura ferito dai morsi di un carcerato. Tutto per “protestare” contro il cibo e l’acqua fredda. Non posso far altro che esprimere nuovamente la mia vicinanza agli agenti di Polizia Penitenziaria del carcere minorile. I rei della rivolta non sono nuovi a questo genere di episodi. Lo scorso 12 ottobre a Desenzano, in occasione dell’Incontro con i rappresentati del sindacato Sinappe della Polizia Penitenziaria, ho ribadito la mia vicinanza a questi uomini costretti a lavorare in carceri sovraffollate, mentre si trovano in una situazione caratterizzata dalla carenza di personale. Gli istituti di pena nei quali lavorano gli agenti, spesso fatiscenti, “ospitano” una popolazione carceraria sempre più multietnica e violenta, anche nei giovani. Come dimostrato da questi ed altri episodi, i minori non hanno proprio nulla da invidiare alla delinquenza e violenza degli adulti. Il “Beccaria” è un carcere sovraffollato dove la maggioranza dei detenuti è straniera. Un istituto penale che ha visto spesso puntati su di se i riflettori a causa dei comportamenti dei detenuti. Sabato 1 settembre due reclusi hanno aggredito tre agenti della Polizia Penitenziaria e il 14 luglio alcuni detenuti hanno appiccato un incendio. È chiaro che non si può continuare così, che questi agenti non possono lavorare in condizioni di insicurezza. Proprio per questo, il mio intento è quello di sondare la possibilità di istituire una Commissione mista interassessorile che, coinvolgendo tutti gli attori di riferimento, possa affrontare le problematiche che gli agenti di Polizia Penitenziaria devono affrontare ogni giorno. Constato che negli ultimi anni la politica ha pensato più ai diritti dei detenuti, piuttosto che alle problematiche e ai bisogni degli agenti della Penitenziaria, servitori dello Stato. Viviamo in un paradosso dove i reclusi pensano di trovarsi in un hotel e non in un carcere a scontare la pena per i reati da loro commessi, al punto di mettere in atto rivolte, sicuri, anche questa volta, di farla franca.

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